Solange Panis

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Tutto il materiale è pubblicato per gentile concessione della rivista   

“Folk Bulletin: musica, danza, tradizione” (per ogni utilizzo di questi materiali contattarla preventivamente)

 

“Sbagliando s’impara”

l’insegnamento della danza secondo Solange Panis

 

Intervista a cura di Tiziano Menduto

con la collaborazione di Anna De Biasio

 

Continua a lente falcate il cammino verso nuove e idonee metodologie d’insegnamento della danza tradizionale... Questo capitolo è dedicato alle brevi osservazioni di Solange Panis, un insegnante con una grande esperienza alle spalle ma meno conosciuta in Italia rispetto a Corbefin, Raviart o Guilcher intervistati precedentemente.

Qualcuno conoscerà invece il nome del padre, Pierre Panis, al quale si deve nel passato la più importante opera di testimonianza, ricerca, insegnamento e di ricostruzione folkloristica del mondo delle bourrée del Berry.

Solange fin dall’infanzia (ha iniziato a ballare le bourrée a quattro anni) ha seguito stage, spettacoli, feste. In breve, dai 15 anni in poi, è diventata una sorta di assistente del padre in tutti i corsi che teneva. Nel tempo ha poi raggiunto i “Musiciens Routiniers”, ripreso le ricerche del padre e partecipato per cinque anni all’esperienza canora nelle “Roulez Fillettes” di Evelyne Girardon. Da alcuni anni insegna canto e danza nel Dipartimento di Musica Tradizionale del Conservatorio di Châteauroux

 

 

  1. Racconta innanzitutto le tue esperienze d’insegnamento...

Beh, prima di tutto c’è da ricordare sicuramente l’esperienza con mio padre a partire dai 15 anni. Poi il lavoro in diversi centri associativi, specialmente collegati a gruppi folkloristici. Infine l’esperienza nell’istituzione (l’ENMD di Châteauroux).

 

In questi anni avrai sviluppato un tuo metodo di insegnamento. Quale credi sia oggi il metodo migliore per comunicare le proprie conoscenze coreutiche?

Non sono sicura di niente. Mi piace molto mostrare, far vedere ciò che mi sembra essenziale e caratteristico in una danza. Io domando a coloro che apprendono di provare, d’imitare, prima di voler analizzare il movimento che essi stessi imparano.

 

Cosa pensi dei corsi nei quali si affrontano repertori molto differenti?

I corsi di questo tipo sono sempre molto seducenti perché sono variati. Noi viviamo in un’epoca che ama il cambiamento. Tuttavia alla lunga si dimostrano corsi difficili

perché non si entra così facilmente in una cultura sconosciuta.

 

Nelle precedenti puntate dedicate alla pedagogia della danza si è parlato con altri insegnanti riguardo all’opportunità o meno, all’interno di un corso di danze, di dividere le parti di un passo...

Si può a volte dividere le parti di un passo o di un movimento se si rispetta la coerenza del passo o del movimento e se non si rompe in questo modo il ritmo.

Scomporre troppo un passo è un metodo che rassicura gli adulti ma che non è sempre efficace. Preferisco rallentare il movimento e tenere il passo intero. Domando agli stagisti d’imitare, di accettare di sbagliare. Anche d’ingarbugliarsi, se necessario, finché tutto diviene più chiaro. E questo funziona!

 

Sempre rimanendo sulla modalità di insegnare e porsi, cosa ritieni non si debba assolutamente fare in uno stage?

      Sicuramente dare delle informazioni delle quali non siamo sicuri.

 

Musicista sì, musicista no. Cosa pensi della presenza di un musicista in uno stage?

Per me è essenziale. Per delle ragioni pratiche, il musicista segue la progressione del corso, può accelerare, rallentare, fermarsi, riprendere ...

Un tempo insegnavo con dischi o cassette e dunque so di cosa sto parlando.

Ma il musicista è importante anche per la relazione privilegiata tra musica e danza, relaziona intima che è l’essenza stessa della danza tradizionale.

 

Ho sempre pensato che una delle abilità principali di un insegnante fosse quella di comunicare, insieme alle danze, la passione per un repertorio... Cosa ne pensi?

Sicuramente l’insegnamento è un lavoro molto ripetitivo. Senza la passione potrebbe diventare un orribile routine. Non c’è un modo particolare di comunicarla: la passione si comunica da sé se essa è reale.

 

In definitiva quali credi che debbano essere gli obiettivi di un insegnante?

Personalmente, mi auguro  di dare degli “strumenti” ai miei allievi. Strumenti che li rendano capaci di danzare bene una bourrée, evidentemente. Ma questo non è sufficiente. Mi interessa che possano soprattutto partire da questo materiale, la danza tradizionale, per costruire la loro danza e farne un vero modo d’espressione artistica.

 

Un’ultima domanda. Ci sono diverse opinioni tra insegnanti, ricercatori, studiosi a proposito dell’insegnamento della danza ai bambini. Tu cosa ne pensi?

Nel caso della danza tradizionale sarebbe più corretto lavorare sui repertori infantili o far loro cercare, inventare dei passi di danza sulle musiche tradizionali. Io penso che non sia giusto far imitare la danza degli adulti, ad esempio con le danze di coppia.